RiSES – Progetto scientifico e culturale

ALL’ORIGINE DI RiSES

UN PROGETTO SCIENTIFICO E CULTURALE

Carlo M. Travaglini

 Università Roma Tre

Con la pubblicazione di questo primo volume di “Ricerche di storia economica e sociale” (RiSES) prende finalmente corpo un progetto delineato nell’estate del 2013, costruito con pazienza negli ultimi due anni dalla redazione e realizzato grazie al contributo degli studiosi che numerosi hanno raccolto l’invito a collaborare alla nascita di una nuova rivista, partecipando ad una call pubblicata in occasione del convegno SISE (Società italiana degli storici dell’economia) dell’ottobre 2014. Il tema della call, “Cibo in età moderna e contemporanea dalla produzione al consumo”, ci sembrava meritare una nuova attenzione sotto vari profili e si ricollegava idealmente a temi che sarebbero stati al centro del grande evento internazionale di EXPO 2015. Si sono richiamati questi due aspetti, quello del metodo della call e quello del legame con le problematiche del presente per segnalare alcuni degli elementi che consideriamo caratterizzanti del progetto.

L’idea di promuovere una nuova rivista, con un’attenzione predominante all’area della storia economica e con un profilo diacronico ampio – dal medioevo all’età contemporanea –, nasce dall’esigenza di offrire uno strumento di discussione e di confronto a livello nazionale ed internazionale, di mettere in cantiere nuove ricerche, attente non solo alla realtà italiana e sensibili ad un approccio comparativo, e di favorire la loro diffusione.

L’iniziativa che ha portato alla nascita di RiSES è opera di un gruppo di studiosi di storia economica, un’area scientifica che trova la sua autonomia e identità al confine tra due differenti metodologie e prospettive di ricerca, quella storica e quella economica, in definitiva “tra due culture”, come è stato con grande efficacia sottolineato da Carlo M. Cipolla. Un’identità che è dunque segnata da continue contaminazioni perché il suo paradigma scientifico è necessariamente flessibile in quanto orientato a ricostruire il contesto non solo economico, ma anche istituzionale, ambientale, culturale e, più in generale, sociale delle vicende economiche. L’attenzione ai metodi e alle acquisizioni di altre aree di ricerca, oltre a fornire un indubbio contributo di tipo conoscitivo, rappresenta l’occasione per riflettere sui caratteri stessi della storia economica e sull’indispensabile interscambio e sulla dinamicità di rapporti con l’analisi economica e le altre scienze sociali.

In definitiva pensiamo ad uno strumento di lavoro orientato verso l’analisi di problematiche economico-sociali, che si rivolge non solo agli specialisti ma anche a storici, ad economisti, a studiosi di scienze umane e sociali, convinti che uno sviluppo della ricerca nel campo della storia economica possa più efficacemente realizzarsi anche nel quadro di un più fecondo rapporto tra storia e scienze sociali.

L’attività editoriale sarà organizzata per fascicoli caratterizzati da un nucleo monografico, definito attraverso call rivolte alla comunità scientifica, per consentire un coinvolgimento non casuale degli autori e ancora per programmare i fascicoli con una prospettiva di medio termine, così da permettere, a quanti desiderano impegnarsi sui temi di volta in volta proposti, di disporre di un tempo ragionevole per la preparazione del loro saggio. Inoltre, il nucleo tematico potrà offrire interessanti e strutturate occasioni di dialogo con colleghi di altre aree scientifiche. Alla parte monografica sarà spesso aggiunta – compatibilmente con le esigenze editoriali – una sezione di saggi autonomamente proposti dagli autori alla redazione della rivista, ed è pure ipotizzabile la pubblicazione di interi fascicoli miscellanei, in modo da accogliere tempestivamente le proposte che perverranno dagli studiosi, rendendo così sempre fluido il dialogo tra la rivista e la comunità scientifica su una molteplicità di argomenti.

La redazione comprende medievisti, modernisti e contemporaneisti, con specializzazioni differenti, è articolata geograficamente e per genere, infine è, ed intende restare, soprattutto un gruppo aperto al contributo e all’impegno di altri studiosi che siano interessati ad un confronto costruito su un’esperienza comune di lavoro e sensibili al dialogo con i vari saperi che interagiscono con la storia economica.

Oltre agli elementi che siamo andati via via segnalando in questa nota, vi sono due aspetti che auspichiamo possano segnare questa esperienza: la proiezione internazionale e la sensibilità verso i problemi della società contemporanea.

Per quanto riguarda la proiezione internazionale abbiamo lavorato a porre le basi per creare un prodotto di qualità sotto il profilo dei contenuti e che rispetti gli standard internazionali per ciò che concerne tutte quelle formalità, via via consolidate, che sono divenute elemento di sostanza e di trasparenza: dalla procedura del double blind peer review alla composizione degli organi scientifici, dall’abstract e correlate parole chiave in inglese all’indicizzazione digitale dei singoli articoli (DOI), dal sito web al codice etico. A tutto questo si deve poi aggiungere sia la costruzione di un Advisory Board con una larga presenza di autorevoli studiosi, molti dei quali di altri paesi, sia la scelta di stampare in lingua originale i contributi redatti in inglese, francese e spagnolo, e di formalizzare un sottotitolo della rivista in lingua inglese: “Journal of  Economic and Social History”. Naturalmente l’impegno più importante sarà poi a livello di contenuti.

Alla base del progetto della rivista vi è anche l’ambizione di mobilitare, attorno a temi rilevanti per la comprensione del presente, competenze e saperi in grado di affrontare i problemi con un livello di consapevolezza tale da garantire un approccio scientificamente rigoroso. In Italia, a differenza di quanto avviene in altri paesi europei, la comunità scientifica – pur numerosa e qualificata – non prende generalmente parte alla discussione sulle grandi questioni che attraversano la vita civile, politica ed economica. Il punto di vista ‘scientifico’ viene per così dire rappresentato da testimoni che raramente, e solo in parte, riescono a trasferire il patrimonio di conoscenze accumulato in un reale contributo alla discussione. Peraltro vi è oggi un sempre più diffuso (e non immotivato) disimpegno che, in Italia più che in altri paesi, tende ad aggravare lo scollamento tra mondo della ricerca, istituzioni e società civile. La nostra ipotesi è che sia possibile lavorare per invertire questa pericolosa deriva, organizzando l’elaborazione di idee in forme non occasionali, arricchendola con un approccio interdisciplinare e una viva sensibilità per le problematiche del presente, sapendo che il passato contiene una parte del presente ed anche del futuro.

L’insieme di queste considerazioni ci ha condotto a delineare il profilo di questa nuova rivista e a realizzarla. Certamente conosciamo e non sottovalutiamo le difficoltà dell’impresa, che sono importanti dal punto di vista della progettualità e della cura scientifica, e che sono pure rilevanti sotto l’aspetto gestionale, considerati tutti gli adempimenti formali e sostanziali che sono necessari per mantenere un elevato standard qualitativo. Tuttavia la sfida è ancora più impegnativa perché riguarda l’avvio di un nuovo progetto nel contesto di una grave crisi dell’università e della ricerca che rischia di raggiungere un punto di non ritorno e segna profondamente le possibilità di rinascita del nostro paese. Tale declino, dovuto a vari fattori, certamente trova una causa determinante nei tagli pesanti in termini sia di personale sia di risorse che hanno colpito ricerca e formazione nell’ultimo decennio, in stridente contrasto con le politiche di rilancio degli investimenti in questi settori strategici avviate in altri grandi paesi europei, proprio con l’obiettivo di attivare azioni anticicliche di tipo strutturale.

Tempi difficili dunque e non solo per la scarsità delle risorse, ma anche per qualche eccesso di dirigismo e di burocrazia che ha segnato l’azione del Ministero e dell’ANVUR, più precocemente verso l’organizzazione della didattica e poi anche nei confronti della ricerca, mentre l’autonomia dei dipartimenti e delle università appare più debole e risulta affievolito il ruolo del CUN e della stessa Conferenza dei Rettori.

La valutazione della ricerca è stata negli ultimi anni al centro di molte discussioni, si sono fatti taluni passi in avanti ma non sembra che si sia raggiunto un sistema del tutto equilibrato che tenga conto della complessa articolazione dei saperi e delle loro forme espressive. Appaiono infatti presenti alcuni elementi di incertezza e di insufficiente condivisione con l’insieme della comunità scientifica. Così, ad esempio, è possibile che alcuni ranking di riviste messi a punto con grande impegno attraverso l’applicazione di criteri classificatori basati su un mix di parametri discrezionali e meccanicistici finiscano di fatto – al di là delle ottime intenzioni di chi li ha ideati – per privilegiare alcune metodologie e linee di ricerca, penalizzandone altre. L’effetto che in questo modo si rischia di determinare è quello di influenzare in maniera distorta gli stessi orientamenti dell’attività scientifica, creando obiettivamente un serio vulnus alla libertà della ricerca. Si è qui voluto solo accennare alcuni elementi di riflessione su una questione che tocca una materia complessa, particolarmente sensibile e delicata, sulla quale vi sarà comunque modo di ritornare.

La rivista nasce nel difficile dipanarsi di queste vicende.

Nella scelta della denominazione della rivista abbiamo cercato di evitare qualsiasi rischio di sovrapposizione con le varie riviste italiane e straniere già attive e, al tempo stesso, di ricollegarci idealmente ad alcuni punti salienti della tradizione italiana in congiunture non facili, quali la “Rivista di Storia Economica” (19361943), promossa da Luigi Einaudi all’indomani della soppressione della “Riforma sociale” da parte del regime fascista, e “Economia e Storia”, la rivista fondata nel 1954 da Amintore Fanfani con un esplicito riferimento al vuoto lasciato dalla sospensione della pubblicazione einaudiana, tanto che Fanfani, pur scegliendo un titolo differente per “evitare ogni irriverente confusione”, volle aggiungere il sottotitolo esplicativo di “Rivista Italiana di Storia Economica e Sociale”.

La lunga crisi che attanaglia l’economia europea ha riproposto con forza un’attenzione più larga alla storia economica e ha anche sollecitato l’interesse di molti giovani.

Una rivista di storia economica, che si caratterizzi per una grande apertura culturale e una sollecitazione al dialogo verso le aree confinanti, per una sensibilità ai grandi processi di trasformazione economica e sociale dal basso medioevo all’età contemporanea, per un’attenzione alle specificità regionali della storia del Paese, per un orientamento verso le analisi comparative (a livello nazionale ed internazionale), per un confronto con la storiografia internazionale, può rappresentare un importante strumento di lavoro e di discussione al servizio di un’estesa comunità scientifica.

Il prendere forma di un progetto è sempre un’innovazione – sia pure da valutare alla prova dei fatti e del tempo –, costituisce un segno di cambiamento e, nel nostro ambito, di manifestazione di libertà della ricerca e di vitalità di una comunità scientifica.

 

EDITORIALE

UN PROGETTO SCIENTIFICO E CULTURALE

Andrea Caracausi

 Università di Padova

Carlo M. Travaglini

 Università Roma Tre

«RiSES – Ricerche di storia economica e sociale» riprende le pubblicazioni dopo una breve pausa dovuta alle difficoltà organizzative e di sviluppo delle attività di ricerca – biblioteche ed archivi a lungo quasi inaccessibili –, legate a una pandemia che ci ha duramente colpito e con la quale stiamo sperimentando i modi di una sgradita e purtroppo perdurante convivenza.

A rendere più complessa la ripresa dell’attività ha pure influito un mutamento della ragione sociale dell’editore. L’Università Roma Tre ha infatti soppresso, nel quadro di una sua ristrutturazione interna, il Centro di Ateneo per lo studio di Roma (CROMA), il quale, nell’ambito delle sue attività scientifiche, curava tutta l’attività di produzione editoriale della rivista, e questo ha imposto un complesso processo di riorganizzazione.

Si è dunque aperta una fase nuova nella quale, anche a seguito di modifiche all’interno degli organi scientifici, intendiamo impegnarci attivamente per potenziare alcuni elementi caratterizzanti del modello che ha contraddistinto i primi numeri di «RiSES». Tra questi ricordiamo un profilo diacronico ampio, l’apertura alla discussione e al confronto a livello nazionale e internazionale, la volontà di accogliere nuove ricerche attente a un’ottica interdisciplinare e sensibili a un approccio comparativo.

Lavorare a un progetto editoriale, e in particolare a una rivista giovane dal punto di vista anagrafico, non è facile nel contesto attuale e richiede impegno, fiducia nell’attrattività delle iniziative scientifiche italiane a livello internazionale e anche una certa dose di coraggio.

Nell’ultimo decennio il quadro complessivo delle pubblicazioni scientifiche è molto cambiato, con scelte individuali o collettive che privilegiano le riviste in

lingua inglese indicizzate su ISI-Wos e Scopus, se non incluse anche nelle liste delle riviste di fascia A dell’Anvur per quanto riguarda l’Italia. RiSES certamente lavorerà nei prossimi anni nella direzione di un accreditamento nazionale e internazionale. Tuttavia, riteniamo fermamente che il progetto originario sia ancora valido e che all’interno del panorama storiografico italiano vi sia lo spazio e la necessità di una rivista dedicata in particolare alla storia economica e sociale. Cercheremo qui di seguito di riepilogare alcune parole chiave che ci guideranno nella predisposizione dei prossimi numeri e che speriamo vogliano invitare ricercatrici e ricercatori, più o meno giovani, a contribuire alla realizzazione del progetto editoriale della rivista.

Fonti. Il punto di partenza è la volontà di privilegiare lavori che partono da analisi su fonti primarie d’archivio, sulle quali si basa saldamente il nostro mestiere di storici. Il lavoro di rielaborazione delle informazioni, grazie anche ai metodi sempre più complessi offerti dalla statistica, non può infatti prescindere da un’indagine filologica delle fonti e dei processi di produzione delle stesse. Questa necessità non vuole fare da contraltare a un mero descrittivismo; essa è motivata dal voler riaffermare uno dei principali compiti del nostro metodo, ovvero la capacità di mostrare cosa sia un dato storico e come sia passibile di utilizzo. Questo significa che la rivista non ha alcuna preclusione a metodi qualitativi o quantitativi, ma – anzi – si propone di mostrare i punti di connessione, le incertezze e le potenzialità di entrambi gli approcci. Le fonti stesse sono le benvenute nella loro eterogeneità: scritte, in primo luogo, ma anche testimonianze orali o materiali, per aprire così a proficui scambi con altre discipline quali antropologia e archeologia.

Teorie. Il dialogo con il più ampio ventaglio delle scienze sociali (dalla demografia all’economia, dalla sociologia all’antropologia, solo per citarne alcune) rappresenta la seconda pietra fondante di RiSES. Siamo convinti – il binomio “economica e sociale” lo testimonia – che una corretta analisi dei fatti economici non possa isolare questi ultimi dal più ampio quadro in cui si svolgono le vicende umane. Tuttavia, non vogliamo invitare a una applicazione in maniera acritica dei modelli e delle teorie provenienti dalle altre scienze sociali, quanto invece instaurare con loro un dialogo aperto e, al tempo stesso, contribuire a una revisione della teoria laddove la nostra analisi può mostrare la complessità dei diversi contesti. Grande apertura, riprendendo anche la lezione della prima generazione delle “Annales” e dei padri fondatori della storia economica italiana, ma nessuna sudditanza, cercando invece di mostrare le proprietà creatrici del metodo proprio delle scienze storiche. Sul dialogo fra storia e scienze sociali RiSES tornerà presto in futuro, non con mere dichiarazioni di principio ma con fascicoli monografici appositi. Laboratorio. Intento di RiSES è anche quello di favorire nuove ricerche, individuali e collettive, promosse dalla Redazione, grazie a specifiche call for papers o tramite proposte dirette.

L’impegno è quello di realizzare un percorso nella creazione dei fascicoli che condivida con gli organi scientifici della rivista i diversi momenti: dall’elaborazione della proposta originaria alla discussione dei materiali in corso d’opera, fino al momento della messa a punto finale dei contributi, in un continuo e fruttuoso dialogo con gli autori. Compito della Redazione sarà quello di individuare rilevanti temi da affrontare nei diversi fascicoli, anticipandoli con seminari o tavole rotonde, anche in dialogo con le tendenze principali presenti all’estero, grazie alla collaborazione di corrispondenti scientifici. Allo stesso tempo, RiSES si impegnerà a far conoscere al pubblico italiano le ricerche svolte all’estero, dedicate in primo luogo all’Italia così come a temi che possono essere importanti per la nostra storiografia. Questo continuo scambio fra storiografia nazionale e internazionale rappresenterà la stella polare del nostro programma.

Infine, all’interno della Redazione è stato istituito un comitato editoriale che affiancherà il comitato scientifico e avrà il compito di stimolare, attraverso forum e discussioni di libri, l’attenzione su opere edite di recente e considerate rilevanti per il dibattito non solo scientifico ma anche pubblico. Sappiamo che sarà impegnativo in termini di tempo, ma siamo convinti dell’importanza di questo lavoro per stimolare future ricerche o per soffermare la nostra attenzione su tematiche di grande rilevanza per il nostro presente. I lavori saranno discussi a più voci, per garantire una pluralità di sguardi disciplinari. Anche in questo caso, come per i singoli contributi, invitiamo studiosi e studiose a partecipare in maniera attiva con proposte individuali o collettive.